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Tavolo Interistituzionale sul fenomeno della violenza sulle donne

DIPARTIMENTO AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
UFFICIO DEL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Ufficio Studi Ricerche Legislazione e Rapporti Internazionali

Abstract – L’Ufficio Studi del Dap ha partecipato ad alcuni tavoli della Task Force interministeriale sulla violenza di genere, coordinata dal Dipartimento per le PP.OO. della PCM, per elaborare il Piano straordinario previsto dalla cd legge sul femminicidio (art. 5 del DL 93/13 convertito nella L. 119/13). Ha contribuito quindi alla elaborazione delle LINEE GUIDA sulla valutazione del rischio ponendo l’attenzione sul modello interdisciplinare di osservazione scientifica della personalità previsto in ambito penitenziario. La enucleazione e la valutazione dei fattori di rischio, da parte degli autori, di commettere violenza verso le donne è un’attività necessaria per individuare le misure penali ed il trattamento più adeguato a prevenire la recidiva e assicurare così una tutela delle vittime davvero efficace e duratura. Le indicazioni proposte dal gruppo di lavoro si rivolgono a tutti gli operatori coinvolti sul territorio (forze di polizia, pronto soccorso, centri antiviolenza e per i maltrattanti, magistrati e servizi penitenziari) che dovranno coordinarsi e mettere in comune dati, saperi ed esperienze maturate sul campo. Si presenta qui un estratto dal documento finale 2014, poi recepito nel DPCM 7 luglio 2015 “Piano straordinario d’azione contro la violenza sessuale e di genere“, in particolare all’Allegato d) sulle Linee Guida.

LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO NEL SISTEMA PENITENZIARIO

GRUPPO DI LAVORO PER LA REDAZIONE DELLE:
“LINEE GUIDA PER LA VALUTAZIONE DEI FATTORI DI  RISCHIO”


A fronte dei vincoli normativi riguardo al giudizio sulla capacità di intendere e volere e quindi sull’imputabilità giuridica dell’autore accertato o sospettato, nel sistema penale italiano e l’Ordinamento penitenziario[1]; formano un insieme organico di norme fondate sul principio costituzionale della funzione rieducativa della pena che prevedono, oltre ai diritti e doveri dei detenuti, l’organizzazione degli istituti, un complesso di attività di accertamento e valutazione delle caratteristiche della personalità dei soggetti condannati ed internati. Attività organizzate che coinvolgono la Magistratura di Sorveglianza e l’Amministrazione penitenziaria  (DAP) in due distinti momenti:

  1. per evidenziare uno degli elementi  necessari all’Autorità giudiziaria al fine di stabilire la pericolosità sociale del condannato e internato, deducibile anche dai “motivi a delinquere e dal carattere del reo” (artt. 133-comma 2,n.1  e  203  C.p.),  al fine di decidere sull’applicazione o meno delle misure di sicurezza e la loro eventuale proroga, con il procedimento di riesame della pericolosità a cura della Magistratura di Sorveglianza;
  2. come elemento dell’Osservazione scientifica della personalità (OSP), quale attività tipica condotta dagli operatori penitenziari, per rilevare fin dal primo ingresso i bisogni, le carenze fisiopsichiche e le altre cause di disadattamento sociale che hanno portato alla condotta criminale (art 13 O.p. e 27,28 e 29 R.d’E.) ;  sulla base di questi risultati viene formulato il  programma individualizzato di trattamento, con gli interventi, immediati e in itinere, più adeguati al recupero sociale e quindi alla prevenzione della recidiva e forniti i pareri e le osservazioni a supporto delle decisioni della Magistratura di Sorveglianza per la concessione dei benefici penitenziari (permessi, detenzione domiciliare, affidamento in prova, semilibertà ecc).

Per gli autori dei più gravi reati a sfondo sessuale (fra cui la violenza di gruppo art. 609-octies C.P.) l’O.P. prescrive, fra l’altro, almeno un anno di osservazione anche da parte degli esperti ex art. 80 (psicologi, criminologi) quale condicio sine qua non per poter accedere ai benefici. Se la vittima è minorenne l’autore può inoltre sottoporsi per almeno un anno ad un trattamento psicologico di recupero e sostegno.
L’OSP è condotta in equipe dal Gruppo di osservazione e trattamento (GOT) composta dagli operatori penitenziari (educatori, assistenti sociali, medici, esperti psicologi o criminologi, polizia penitenziaria ed altri che conoscono il detenuto es.  insegnanti, volontari ecc ), sulla base di un contatto diretto col detenuto in una relazione costruttiva. Si procede, ognuno secondo l’area di competenza, con  la raccolta sistematica e l’esame  di tutte le informazioni (giuridiche, familiari, sanitarie, psicologiche, sulla carriera criminale, situazione socio-familiare, lavorativa, istruzione, sul vissuto e le relazioni interpersonali dentro e fuori dal carcere, il comportamento auto lesivo, tossicodipendenza, ecc). Si segue quindi un approccio di tipo multifattoriale per arrivare ad una visione unitaria della persona espressa nella relazione di sintesi redatta dal GOT con la supervisione del direttore del carcere.
Nel sistema penale italiano, storicamente ancorato al fatto, ma attento ai contributi della Scuola positiva sulle tipologie di autore, tale approccio attraverso l’OSP consente, se non una illusoria esatta predizione della condotta criminale, la conoscenza approfondita degli aspetti della vita e della personalità dell’autore rilevanti che hanno influito sulla commissione del reato.
Le complesse dinamiche personologiche che investono i reati legati alla violenza di genere e la gravità della escalation esigono che il sistema penitenziario possa elaborare, recepire , sperimentare e fare affidamento anche  su strumenti e metodiche di assessment per la valutazione del rischio facilmente fruibili dai suoi operatori, in modo che la scelta del tipo di trattamento sia quella più adatta a favorire nel singolo caso gli interventi di recupero,  da intendere come sviluppo degli aspetti positivi della personalità e modifica del comportamento lesivo (consapevolezza del suo agito, auto-responsabilizzazione ed azioni risarcitorie della vittima) con la partecipazione attiva e non meramente utilitaristica dell’autore al progetto educativo.
Gli operatori penitenziari, grazie alla presa in carico e alla conoscenza diretta degli autori entrati nel circuito penale, possono mettere a frutto il tempo della pena e delle misure alternative o di comunità e svolgere quindi, dentro e fuori dal carcere, un ruolo importante nell’ambito del territorio per l’integrazione degli interventi, la condivisione delle informazioni (non ostative sotto il profilo giudiziario e di sicurezza) e dei risultati delle verifiche sul trattamento nella prospettiva di prevenire la ricaduta nel reato da parte del singolo autore. Inoltre, gli studi e le ricerche finora condotte sulla popolazione detenuta italiana con la collaborazione del DAP hanno rappresentato e rappresentano occasioni importanti anche ai fini della maggiore conoscenza del fenomeno,  per la validazione di strumenti scientifici e la sperimentazione di diversi approcci metodologici per la valutazione dei livelli di rischio[2] ; ed il perfezionamento di altri già sperimentati positivamente. 

Il  ruolo e le risorse professionali  dell’Amministrazione penitenziaria vanno  quindi orientati : 

  • attrezzando i suoi operatori, attraverso la formazione congiunta con gli altri destinatari  di Primo e Secondo Livello, di conoscenze e competenze specifiche sul fenomeno della violenza di genere e sugli strumenti scientifici convalidati e fruibili per la valutazione dei livelli di rischio di condotte violente, aggressive, anche a lungo termine, mettendo a frutto i risultati delle più acclarate ricerche scientifiche, criminologiche e sociologiche riguardo alla prevenzione della violenza di genere e nelle relazioni interpersonali;
  • sviluppando gli interventi sugli autori con la partecipazione anche della comunità esterna, in un approccio integrato con le reti del territorio istituzionali e non, e in particolare con i Centri di recupero per i maltrattanti;
  • favorendo gli studi e le ricerche scientifiche sulla popolazione detenuta dei sex offenders e sulla qualità della valutazione del rischio in collaborazione con le Università, le Forze dell’Ordine, i Servizi sanitari, gli Enti e Istituzioni, Associazioni e Organismi del territorio e la Comunità scientifica internazionale, e la sperimentazione di protocolli e metodiche convalidate, utili e fruibili, sia ai fini delle indagini investigative da parte delle FF.OO.  sia  per mettere a punto specifiche modalità di gestione e trattamento (risk management) ai fini del recupero di tali autori nella comune prospettiva di prevenirne la recidiva e quindi tutelare le vittime reali e potenziali.

Roma, 7 Luglio 2015

Redatto da Antonella Paloscia
   Dirigente Penitenziario

IL DIRETTORE DELL’UFFICIO
Roberta Palmisano

[1] Legge 26 luglio 1975, n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” e il suo Regolamento d’Esecuzione (DPR 30 giugno 2000, n. 230). Tali norme, recepiscono le regole minime dell’ ONU e le regole penitenziarie europee sul trattamento dei detenuti

[2]Al riguardo si cita la ricerca S.O.Cr.A.Te.S. dell’Arma dei Carabinieri e del DAP con il prof. Caretti dell’Università di Palermo, sulla validazione in Italia della PCL-R, proseguito poi con i risultati positivi raggiunti in alcuni istituti con il progetto Stalking (prof. A. Baldry Università di Napoli 2) che ha utilizzato, fra gli altri, il metodo S.A.R.A. (per quest’ultimo si rinvia al Report conclusivo inviato al DPO nel 2011). Inoltre il DAP sta valutando, in collaborazione con l’Università di Sassari, l’adozione da parte degli UEPE (Uffici locali di esecuzione penale esterna) di un Modello di valutazione scientifica dei livelli di rischio di tenuta di comportamenti devianti per i soggetti che chiedono di essere ammessi ad una misura o sanzione alternativa alla detenzione o di comunità, in modo da adempiere a quanto previsto dalle Regole europee sul Probation (2010)1 ed uniformarsi alle realtà più avanzate presenti in Europa. Tale modello, comprensivo di item sia di natura sociale che psicologica, è stato elaborato nell’ambito dell’attività internazionale del DAP ispirandosi ampiamente soprattutto all’esperienza maturata da alcuni paesi europei (Regno Unito e Irlanda). Vedi anche alcune esperienze significative di trattamento intensificato per i sex offenders in carcere con la collaborazione del territorio (Carcere di Milano Bollate con il Centro di Mediazione Penale di Milano) anche dopo la scarcerazione. Altri progetti e ricerche condotti dal DAP, fra cui WOLF e For-Wolf sui rei pedofili (vedi a cura di L. Mariotti Culla, G.De Leo “Attendi al lupo”, ed. Giuffrè, Milano 2005), ed interventi specifici sul trattamento dei sex offenders, sono illustrati nella rivista ufficiale del DAP La rassegna penitenziaria e criminologica consultabile sul sito www.rassegnapenitenziaria.it e su www.Giustizia.it

Fonte: Ministero della Giustizia A.Paloscia report 2015

Valutazione del rischio di recidiva dei condannati per reati sessuali e di mafia

DIPARTIMENTO AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA UFFICIO DEL CAPO DEL DIPARTIMENTO

Ufficio Studi Ricerche Legislazione e Rapporti Internazionali

Si tratta di un programma di ricerca scientifico-criminologica proposto da un team di professionisti ed accademici (responsabile scientifico: prof. V. Caretti, Università LUMSA di Roma) articolata in due progetti da svolgere in diverse carceri del territorio nazionale, su un campione di detenuti per reati commessi con violenza sulle persone. Finalità: rispondere alle esigenze di valutazione del rischio in ambito giuridico e psichiatrico-forense e formare gli operatori con indicazioni operative per il trattamento penitenziario più efficace a prevenire la recidiva di questi gravi reati. valutare la validità predittiva di uno strumento diagnostico, l’HCR-20 V3, per i crimini sessuali e la possibilità di utilizzarlo nel contesto italiano. Metodologia: indagine documentale, sulla storia personale, interviste professionali, semistrutturate e di autovalutazione (HCR-20 V3, PCL-R adattamento italiano di Caretti et al., 2011 validato in Italia con la ricerca S.O.Cr.A.TE.S, PID-5), con la partecipazione di detenuti condannati per reati a sfondo sessuale, violenti, nonché su affiliati ad organizzazioni a stampo mafioso. Si presenta in questa sezione una sintesi dei DUE PROGETTI 1. La valutazione del rischio della pericolosità sociale e del rischio di recidiva in soggetti detenuti condannati per reati sessuali. Indagine su un campione di sex offenders e su un gruppo di controllo con reati contro la persona presenti nelle carceri di diverse regioni italiane. Seguirà una fase di follow up per verificare la capacità predittiva dell’ HCR-20 V3 e l’uso di tale strumento per valutare il rischio di crimini sessuali anche nel contesto italiano. Obiettivo: individuare i diversi fattori – storici, clinici attuariali e di personalità – che possono differenziare i sex offenders dagli altri autori violenti e restituire i risultati dando agli operatori penitenziari strumenti più adeguati ed efficaci per la valutazione del detenuto ai fini del trattamento. 2. La valutazione del rischio criminologico in soggetti afferenti a organizzazioni mafiose. Indagine sui detenuti per reati di mafia presenti in due carceri (Palermo e Trapani). Obiettivo: approfondire i tratti di personalità diversi dalla psicopatia e l’incidenza del trattamento penitenziario, al fine di individuare gli elementi di rischio criminologico maggiormente presenti nei soggetti appartenenti ad organizzazioni mafioseperfezionare il sistema di valutazione del rischio criminologico e migliorare i protocolli di trattamento rieducativo rivolti ai detenuti per reati di mafia.

Fonte Ministero della Giustizia – A. Paloscia, 2015

Caratteristiche primarie delle personalità narcisistico- manipolatorie

Di Al.Tallarita

L’individuo che non possiede capacità straordinarie cerca di scaldarsi alla luce riflessa dei suoi idoli (Lasch C.).

Riassumere in 4 parole chiave l’atteggiamento manipolatorio del predatore emotivo si può fare:

-Primo, manipolazione della vittima

-Secondo, seduzione-Terzo, aggressione dell’autostima

-Quarto, condizionamento

Lo scrive Roberta Bruzzone, psicologa forense e criminologa, nel suo testo “Io non ci sto più” de Agostini 2018, Milano.

I narcisisti passivo-aggressivi sono degli attori, molto spesso si fingono vittima, trasformano chiunque, attraverso la loro manipolazione, a essere loro alleati.

Molto spesso, in questa figura abbiamo dei genitori, che arrivano addirittura, a falsificare anche i documenti, poi presentati in tribunale. In caso di separazione per l’affidamento dei figli. Gli stalker più pericolosi, rientrano in questa figurazione. È il fine, a cambiare la strategia di manipolazione. E anche a fornirne un aspetto patologico.

Per riconoscere un narcisista maligno, è necessario analizzare, i suoi comportamenti.

Attraverso una metodologia di ‘criminal profiling’ ponendo attenzione su questi e valutando, le possibili mosse future. Alcuni comportamenti da analizzare, sono l’egocentrismo, che porta l’adulto ad essere spesso, in una fase prettamente infantile.

Questo tipo di atteggiamento, favorisce la concentrazione su se stessi.

Essere sempre in ritardo, è una loro caratteristica, fare aspettare gli altri, in segno di importanza per loro stess.

Essere spesso notati, nel modo di fare, entrando negli ambienti, facendo delle battute nelle conversazioni, millantare titoli e competenze, vantando conoscenze, con personalità influenti.

Stanno molto attenti al loro look, si promuovono come leader, nel loro campo di lavoro. A volte però, la personalità, si propone come più dimessa, quasi insicura e pertanto, con caratteristiche più difficili da percepire. Che palesano timidezza, insicurezza, nelle occasioni pubbliche.

Ci sono anche narcisisti che sono dei falliti e che danno agli altri, la responsabilità di questo fallimento, perché non apprezzati, non capiti o per mille altre scuse.

Assumono su se stessi delle qualità di superiorità, rispetto agli altri, unendo tecniche di svalutazione nei confronti dei sopravvenuti le partner o delle loro prede. E allora, si considerano speciali, al di sopra delle regole.

A volte sono dei bulli, alcuni studi parlano del legame, fra l’incremento del cyberbullismo, e bullismo, collegato a questo tipo di narcisismo.

Una caratteristica interessante, è riuscire a svalutare l’altro, attraverso l’identificazione delle fragilità e delle insicurezze di chi hanno di fronte, utilizzando l’umiliazione, come arma contro di loro.

E utilizzano questo atteggiamento, anche dei sottoposti, facendo cura, di essere sentiti dagli altri mentre utilizzano per esempio frasi scurrili o mentre rimproverano o urlano, al fine di alimentare la propria autostima, sminuendo il ruolo dell’altro.

E pur fingendosi sensibili delle fragilità altrui, dei dolori o della malattia, in verità sono incapaci di provare empatia, per gli altri esseri umani.

I sentimenti altrui, non devono interferire con la ricerca continua di attenzioni, che i narcisisti compiono.

Altra caratteristica, è negare l’evidenza, non ammettere mai la responsabilità, per qualsiasi tipo di azione commessa, nel presente o nel passato.

E qualsiasi sia la conseguenza, perché sentono il diritto di poter compiere qualsiasi azione, trovando qualsiasi tipo di giustificazione.

Ma non è un’arma di difesa, neanche riuscire a smascherarli pubblicamente. Perché loro useranno la menzogna, per distruggere chi si è reso patibile di questa onta, nei loro confronti.

E cercheranno di screditare, chi ha cercato di far vedere la verità, su questi bugiardi compulsivi.

Sono falsi, molto tendenti alla tragedia. Alla recitazione, della parte della persona vicina.

Molto distanti dal concetto di amicizia, frequentano le persone, solo per il soddisfacimento dei propri bisogni e desideri. La valutazione degli altri, per
loro è imprescindibile.

Questo perché hanno necessità di
conferme costanti e assumono degli atteggiamenti quasi inquisitori.

Per poter avere tutte le informazioni possibili, su chi hanno davanti, al fine di poterlo manipolare, nel miglior modo possibile.

Spesso si fingono ipersensibili,
tendono a parlare molto di malattie molto gravi, disabilità,
incidenti.

Ma dietro questa finta sensibilità si nasconde una personalità manipolatoria.

Si tratta comunque di personalità molto rigide. Ossessive, il cui bisogno di
controllo è fondamentale.

Vi sono delle professioni, che permettono l’esecuzione costante del potere, come nelle forze di polizia, l’ambito giudiziario, politico e
mediatico.

In cui è molto facile incontrare questo tipo di personalità.

È un tipo di atteggiamento patologico, che taglia verticalmente la società, in quanto può essere presente a qualsiasi livello sociale e culturale.

Nonostante le false apparenze, dietro le loro maschere, si celano personalità di predatori crudeli, impazienti e ossessivi.

Controllo e manipolazione nel soggetto narcisista


Di Al. Tallarita

Il soggetto manipolativo narcisistico, è molto più presente nella nostra società, di quanto non si pensi.

Un soggetto, che tende a controllare le relazioni, senza reciprocità.

Con rapporti a senso unico.

Si tratta di rapporti lavorativi, personali, familiari, di coppia; manipolano, il soggetto che hanno accanto, uomo donna che sia, per ricevere.

Molto spesso, si nascondono delle personalità, che hanno subito;
che sono fragili e che cercano di nascondere, grazie a queste maschere, delle tragedie, delle criticità comportamentali e caratteriali.

O addirittura dei traumi, subiti nell’infanzia.

Si tratta di una tendenza a senso unico. Il disturbo narcisistico, vi sono degli studi che lo riconducono, ad una disfunzione del cervello; una sorta di deficit neurologico.

Che priva della capacità empatica, di cui ogni individuo è dotato. E che pertanto, causa l’impossibilità di immedesimarsi negli altri, in quello che provano.

Quello che si cela, è il bisogno di non restare da soli. Il bisogno di utilizzare gli altri, per i propri scopi, perché possano essergli utili, a colmare quei bisogni, quei vuoti interiori, che sentono.

Uno dei maggiori teorici, di questo disturbo comportamentale, Otto Kernberg, psichiatra e psicoanalista austriaco, statunitense, che li definisce, come assorti in se stessi.

Con un adattamento sociale, solo in apparenza efficiente, ma che presentano gravi distorsioni nelle relazioni interiori con gli altri.

Molto ambiziosi, con fantasie di grandezza, mescolati a sentimenti di inferiorità. Dipendenza dagli altri, per l’elargizione di ammirazione, approvazione. Alternano sentimenti di noia, di vuoto, al contro tentativo, di soddisfare le ambizioni interiori.

La volontà di emergere, non mostrando però empatia, nel grado di amare, o interessarsi davvero dell’altro.

Si veda a proposito il suo libro “Sindromi marginali e narcisismo patologico” Bollati Boringhieri, Torino 1978 .La questione complessa, è che tali personalità, tendono a riuscire a sfuggire, ad una valutazione psicologica chiara. Pur trattandosi, di un disturbo grave. Specialmente, per il grado di disagio, che riescono a creare negli altri.Ma va sottolineato, il gravissimo danno di sofferenza psicologica, che creano alle persone, che inconsciamente si avvicinano a loro.

E che ne diventano prede.

Cos’è un manipolatore?

La psicologia lo definisce come un soggetto, che può compiere degli atti, con lo scopo di manipolare un’altra persona, inducendolo, nei bisogni, desideri, comportamenti e utilizzando per fare questo, sentimenti come il senso di colpa o il desiderio di approvazione e riconoscimento.

Christopher Bollas li definisce ‘normoidi’ senz’anima. Che indossano una maschera, addirittura anche di sensibilità, atta solo raggirare le proprie vittime.

Giocando alla perfezione, davanti agli altri, vivendo tra normalità, sul filo della patologia.

I profili si ripetono, molto spesso chi cade vittima di un narcisista, cela una forma di dipendenza affettiva.

Magari periodica, o cronica, magari presente in una fase difficile, che si sta attraversando.

Questi si rendono così, propensi ad essere manipolati, da questi soggetti, che usano la menzogna compulsiva.

Questo perché i segni di fragilità psicologica, evidenti nel modo di porsi, nel tono della voce, nella postura, sono molto palesi a questi soggetti manipolatori.

Il controllo mantiene il potere

Fi Al. Tallarita

Il mantenimento del potere si effettua con il controllo, che a sua volta si compie mantenendo il pubblico incapace di capire le tecnologie e i metodi che vengono usati.

Questo si ottiene aumentando il gap tra classi e mantenendo un basso livello della qualità dell’educazione alle classi più basse.

Tale basso livello è accompagnato dalle inutili informazioni parziali in circolazione che annebbiano la conoscenza.

Si assiste all’incoraggiamento della mediocrità, grazie alla promozione tra il pubblico dell’idea che sia di moda la volgarità, la pochezza umana e la stupidità.

Entro un rinnovato rafforzamento del senso di colpa, attuato aumentando il biasimo per l’individuo della propria sfortuna; a cui sia naturale attribuire il fallimento della propria intelligenza o dei propri sforzi.

La colpevolizzazione indotta allontana la paura di una ribellione al sistema economico. Favorita da una reazione di depressione che inibisce la possibilità di un’azione reattiva, che impedisce il cambiamento, tale da rivoluzionare la situazione vissuta.

Il potere può essere maggiormente esercitato grazie al controllo sugli individui.

Facebook, ad esempio, fenomeno di agorà virtuale in rete, sviluppatosi fortemente nella prima decade del Ventunesimo secolo, è un esempio di strumento per il controllo di massa.

Il cui fine ultimo è la canalizzazione particolareggiata della pubblicità su ogni singolo individuo.

Il controllo sociale

Di Al. Tallarita

La strategia della distrazione è l’elemento primario del controllo sociale che permette di spostare l’opinione pubblica da reali problemi sociali a fatti di cronaca irrilevanti per il bene pubblico.

Questo avviene reiterando comunicati di fatti di poca rilevanza, per darne una conoscibilità generale e continua..

Entro il modulo di applicazione di una strategia della distrazione.

Mantenendo la maggioranza delle persone occupata in cose di poca importanza, si evita che ci si prenda carico delle cose più rilevanti.

Alla creazione di un problema, anche banale o falso, viene in risposta e una subitanea soluzione, nello schema di problema-reazione- soluzione.

Ad esempio per Chomsky (2002), si potrebbe arrivare a sottolineare la violenza urbana, mostrando fatti a questo inerenti, in modo che il pubblico sia bendisposto nei confronti di una legge che aumenti la sicurezza a scapito della libertà.

Tutto questo avviene in modo graduale ma costante negli anni fino a modificare radicalmente il pensiero ai fini del potere.

Far accettare una decisione presentata come dolorosa e necessaria nell’accezione di un sacrificio futuro, è più semplice.

Perché concede la speranza che le cose intanto mutino, nonché accorda il tempo per abituarsi all’idea del cambiamento e ad accettarlo con rassegnazione nel momento in cui arriva (Chomsky, 2002).

Il senso critico viene annientato nel momento in cui il registro emozionale viene ad essere sollecitato nel meccanismo dell’innesco dei desideri, delle paure e delle ansietà, che inducono a determinati comportamenti.

La paura come strumento di controllo

Di Al. Tallarita

La paura è utilizzata come strumento di potere. Ne parla Danilo Zollo (2011)2 nel suo testo Sulla paura.

Fragilità, aggressività, potere. In relazione a un’idea del biologo e filosofo tedesco Von Uexküll, egli afferma che ogni animale vive all’interno della sua Umwelt e cioè in un ambiente chiuso rispetto agli altri ambienti che lo circondano.

L’essere umano diversamente dagli altri animali, deve ricavare gli strumenti necessari che gli garantiscano la vita e la sicurezza da ambienti naturali molto diversi fra loro.

Gli habitat di tutti gli animali sono geograficamente circoscritti, l’essere umano riesce a vivere ovunque e in condizioni climatiche diversissime.

Per cui l’apertura al mondo è vista come la capacità dell’essere umano di liberarsi dalla strettoia di un singolo ambiente naturale. L’intelligenza teorica consente all’essere umano di manipolare il mondo stesso, di ridurne i rischi e quindi di controllare lo stimolo delle sue stesse pulsioni e di limitare la paura.

L’incrocio fra l’essere umano come essere carente e il mondo come nemico della vita umana crea le premesse e la paura stessa, di cui quella individuale nasce dal fatto che l’essere umano possiede potenzialmente l’infinita ricchezza dello spazio e del tempo, ma sente di non disporre di un ambiente che lo accolga (Zolo, 2011).

La paura nasce quindi da motivi di ordine fisico e di ordine ambientale, l’assenza di un mondo specifico e specializzato capace di accogliere l’essere umano non fa che acuire le sue carenze.

La paura individuale in sostanza è un’emozione riflessiva legata alla previsione allarmante di una possibile condizione di sofferenza e connessa al tentativo di evitarla e contenerla, di proteggersi o di essere protetto da altri.

La paura da un punto di vista politico, partendo dalle teorie di Hobbes, sottolinea lo stretto rapporto fra la paura e la politica, dove quella acuisce l’insicurezza collettiva mentre la politica mantiene il controllo autoritario e assolutista di tale insicurezza.

La paura che è stata assimilata dalla funzione di potere e autorità protettiva viene neutralizzata ma non soppressa, divenendo capacità di produrre ordine e disciplina incutendo paura.

Alcune teorie hanno l’idea di fondo che la massa necessiti che gli sia imposto il potere attraverso tutti i suoi mezzi, un comando, un potere superiore totalitario o assoluto dotato di un’autorità che possa essere gestita in gerarchie perfettamente definite.

Teorie che si avvicinano a molti dei concetti presentati da Michel Foucault nel testo Strategie di Potere , dove sostiene che il potere dello Stato non basta al mantenimento e alla continuità delle relazioni sociali capitaliste, neppure con la collaborazione dei suoi apparati.

A favorire questo stato di cose occorre un forte esercizio del potere che possa attraversare il corpo sociale entro le sue forme e le sue istituzioni diversificate (Foucault, 1999).

In Sorvegliare e Punire mostra di come a partire dal diciassettesimo secolo sia esistito un vero e proprio sblocco tecnologico nelle modalità di produzione del potere.

Nel La volontà di sapere (1976), fa un’analisi del sapere e del potere indagando sulle procedure che hanno prodotto e assoggettato l’individuo.

In Storia della Sessualità indaga il rapporto sapere, potere e sessualità, che è oggetto di sapere e di potere, che produce: la sessualità, il soggetto e i saperi sul corpo.

Mario Vegetti op. del 1986 Danilo Zolo Giurista e filosofo italiano (Fiume 1936 – Firenze 2018). Foucault M. (1999) Estrategias de Poder, Intro. Vol.II Trad. Ed Varela J. Y Alvarez Uria F. Título original: Dits et ecrits TomoII e III, Publicado en francés en 1994 por Éditions Gallimard, París y dos entrevistas no contenidas en la citada obra: «Vérité et pouvoir». entrevista con A. Fontana, Revista L’ARe 1977 «Entretien sur la prison: le Iivre et sa rnethode», Magazine Litteraire 101, junio de 1975. Ediciones Paidós Ibérica,S.A Nel capitolo Relazioni di potere dove scrive che non sono le condizioni capitaliste della produzione a rendere la continuazione del capitalismo. Foucault (1975) M.Sorvegliare e punire. Nascita della prigione tit.orig.Surveiller et punir. Naissance de la prison, trad. Alcesti Tarchetti, Einaudi, Torino 1976

L’ individuo come strumento

Di Al. Tallarita

Il sapere e la conoscenza concepiscono il corpo e l’individuo come un oggetto di studio organizzato attorno alle relazioni di potere.

La pressione e il controllo del potere si intensificano sulle potenzialità del corpo dell’individuo.

Che è strumentalizzato nel suo corpo, sede della sua forza.

Questo avviene anche nel lavoro, nel controllo della forza produttiva, nell’ambito della sua predisposizione al lavoro.

Molte funzioni partono dal corpo e si sviluppano da esso tra cui il discorso che è uno strumento di potere.

Anche il discorso rappresenta in se un potere fortissimo, elemento di lotta nel gioco di forze contrapposte.

La veridicità di un discorso, non è semplice da chiarire in quanto, si ritiene come vero, ciò che deriva da una volontà di verità culturalmente accettata.

È la cultura a tracciare la linea tra la verità e la non verità enunciata da un discorso.

Potere e desiderio determinano le procedure d’esclusione, di controllo e delimitazione del discorso, i discorsi tendono a controllarsi.

Secondo Foucault nel rapporto con il proprio corpo nelle società antiche, il comportamento sessuale degli uomini liberi era oggetto di una profonda riflessione morale, che esercitava così il suo potere.

Di contro, Vegetti ha ipotizzato che i suoi strumenti concettuali, adatti a pensare il potere nelle sue forme moderne, non siano invece riusciti a cogliere il volto antico del potere. un’apparenza di libertà classica,mitica, avrebbe sedotto Foucault.

Nel campo dell’etica, il pensiero legato alla morale greca è rielaborato.

Per Gilles Deleuze (1986) il rapporto dell’individuo alla norma, si piega nel rapporto che egli stabilisce con se stesso.

CRIMINOLOGIA E COMPORTAMENTO UMANO

Uno degli aspetti della criminologia sono i disturbi della personalità.

Tra questi disturbi si possono citare: nevrosi, psicosi, personalità psicopatiche e disturbi della sessualità o parafilie.

Le nevrosi sono stati mentali della persona umana, che portano ad ansia, disturbi emotivi quali: paura, rabbia, rancore, sensi di colpa.

Si può dire che le nevrosi sono condizioni molto diffuse, senza basi anatomiche note e che, pur essendo strettamente legati alla vita psichica del paziente, non ne alterano la personalità in quanto psicosi e sono di conseguenza accompagnate da un doloroso e spesso eccesso dello stato morboso (MARANHÃO, 2004, p. 356).

In questa prospettiva, secondo Newtone Valter Fernandes (2002, p. 213), si possono citare le nevrosi ossessive, caratterizzate dalla costante di ossessioni, fobie e tic ossessivi, le cui forme di proiezione sono allineate con cleptomania, piromania, impulso al suicidio e omicidio.

Il termine psicosi è emerso per enfatizzare i disturbi mentali più gravi.

Le psicosi lo sono insiemi di malattie caratterizzate da disturbi emotivi dell’individuo e dal loro rapporto con la realtà sociale, con il vivere nella società.

Citiamo, tra gli altri, il paranoico, il maniaco depressione e quella carceraria.

Secondo Genival França (1998, p. 357), “le psicosi paranoiche sono disturbi mentali caratterizzati da concezioni deliranti che consentono manifestazioni di autofilia ed egocentrismo, mantenendo pensieri, volontà e azioni chiare.

” I paranoici fantasticano, e nelle loro delusioni relazionano il loro benessere o dolore alle persone che li circondano, attribuendo loro la causa del loro stato. Abbiamo, ad esempio, la paranoia della gelosia, quella della persecuzione, l’erotismo. sarebbe paranoici gli assassini di Abraham Lincoln, Gandhi, John Lennon e colui che ha attentato alla vita di Papa GiovanniPaolo II (FERNANDES, 2002, p. 221).

La psicosi maniaco-depressiva, attualmente studiata come disturbo comportamentale bipolare, è caratterizzato da crisi di eccitazione psicomotoria e stato depressivo.

La fase maniacale è caratterizzata da iperattività motoria e psichica, con agitazione ed esaltazione dell’affettività e dell’umore.

Il maniaco non resta tranquillo, è euforico.

Il Malinconico o depressivo è caratterizzato da inibizione o diminuzione delle funzioni psichiche e motorie.

L’individuo presenta un quadro segnato dalla tristezza, pessimismo, sensi di colpa.

I tentativi di suicidio sono frequenti in questa fase malinconica(GENIVAL, 1998, p. 356).

La psicosi carceraria risulta dalla privazione della libertà dell’individuo sottoposto in istituti penitenziari che non dispongono, per la maggior parte, di adeguate condizioni di spazio, illuminazione e cibo.

La persona affetta da questa malattia manifesta la “sindrome del crepuscolo di Ganser”, presentando sintomi con le seguenti caratteristiche: strani cambiamenti nel comportamento o comportamento motorio e verbale dell’individuo che, interrogato, finisce nel silenzio impenetrabile o risponde come se fosse stato in uno stato di deficit organico, spesso accompagnato da sintomi depressivi o catatonici (FERNANDES, 2002, p.225).

La personalità psicopatica è caratterizzata da una distorsione del carattere dell’individuo.

Gli individui affetti da tale personalità di solito presentano il seguente quadro caratteristico: sono intelligenti, amorali, volubili, insinceri; mancano di vergogna e di rimorso; sono egocentrici, inclini al comportamento morboso.

Citiamo come tipi, tra gli altri: esplosivi o epilettoidi, perversi o amorali, fanatici e mitomani.

Esplosivi o epilettoidi sono individui che manifestano nel loro comportamento l’abitudine di uno stato collerico, arrabbiato, aggressivo, sia verbalmente che fisicamente.

I malvagi o gli amorali sono meschini, crudeli, distruttivi.

Tali caratteristiche si manifestano precocemente nei bambini, nelle tendenze alla pigrizia, all’inerzia, all’indolenza, all’impulsività, indifferenza, incline alla criminalità giovanile.

In età adulta, l’individuo ha un alto grado di intelligenza rientrano in atteggiamenti caratterizzati da bugie, calunnie, tradimenti, furti, rapine.

Si incontrano nel ruolo di amorali gli incendiari, i vandali, i “vampiri” e avvelenatori (FERNANDES, 2002,P. 209).

I fanatici tendono a un costante stato di euforia, all’esaltazione estrema di ciò che desiderano. Combattono per i loro ideali impulsivamente, senza limiti, senza controllo.

Sono capaci di praticare qualsiasi atto delinquente nel perseguimento incessante dei propri scopi.

I mitomani, a loro volta, sono affetti da uno squilibrio dell’intelligenza riguardo la realtà. Sono inclini a mentire, alla simulazione, alla fantasia. Possono distorcere la realtà dei fatti, riuscendo a raggiungere gli estremi delle delusioni e dei sogni ad occhi aperti.

Lo studio della sessualità anomala o dei disturbi della sessualità che interessano la medicina legale, sono disturbi caratterizzati da degenerazione psichica o da fattori ghiandolari organici.

Citiamo come sadismo, masochismo, pedofilia, vampirismo e necrofilia.

Anche il sadismo .chiamato algolagnia attiva, è un disturbo sessuale in cui l’individuo infligge sofferenza fisica alla partner femminile per ottenere il piacere sessuale.

Il termine trae origine dal nome del marchese de Sade (1740), che male, lo riportò nei suoi romanzi Giustina e Giulietta. Il Marchese si divertiva a tagliare le carni delle partner e nel curare le ferite delle prostitute (GOMES, 2004, p. 471).

Il masochismo, invece, è algolagnia passiva, cioè l’individuo può provare piacere sessuale solo quando soffre o è umiliato.

Jean Jacques Rousseau, filosofo francese vissuto dal 1712 a1778, noto per il suo lavoro Il Contratto sociale (dove si occupa della formazione e dello sviluppo della società civile e dello stesso Stato), in un suo libro pubblicato dopo la sua morte, Confessioni, si rivela affetti da questo disordine della sessualità: «Inginocchiarsi ai piedi di un amante imperioso, obbedire ai suoi ordini, chiedere perdono per le colpe che aveva commesso erano per me godimenti divini» (GOMES, 2004, p. 471).

La pedofilia è una parafilia caratterizzata dall’attrazione verso partner sessuali che sono bambini o adolescenti.

Il vampirismo è l’aberrazione venerea con cui si ottiene la gratificazione degenerata succhiando ossessivamente il sangue del proprio partner sessuale (CROCE; CROCE JÚNIOR, 2004, pag. 681).

La necrofilia, a sua volta, è un disturbo caratterizzato dalla pratica del rapporto sessuale con un cadavere.

“Alcuni spazzini violano persino le tombe, rimuovono i corpi in decomposizione soddisfare il loro istinto” (GOMES, 2004, p. 474).

Prof. C. Menezes

Criminologia organizzativa

La criminologia della reazione sociale è definita come un’attività intellettuale che studia i processi di creazione delle norme penali e sociali legate al comportamento deviante.

l campo di interesse della criminologia organizzativa comprende i fenomeni di formazione delle leggi, la loro violazione e la reazione a tali violazioni.

La criminologia clinica è destinata allo studio di casi particolari al fine di stabilire diagnosi e prognosi del trattamento, in un’identificazione tra delinquenza e malattia.

L’oggetto della criminologia moderna è il crimine, le sue circostanze, il suo autore, la sua vittima e il controllo sociale.

Dovrebbe guidare la politica penale nella prevenzione speciale e diretta dei reati socialmente rilevanti nell’intervento sulle sue manifestazioni e sui suoi gravi effetti su individui e famiglie.

Dovrebbe anche guidare la politica sociale verso la prevenzione generale di atti che, pur non previsti come reati, meritano massima disapprovazione.

Quando è nata, la criminologia ha cercato di spiegare l’origine della delinquenza utilizzando il metodo delle scienze, lo schema causale ed esplicativo, cioè ricercava la causa dell’effetto prodotto.

Si pensava che estirpare la causa avrebbe eliminato l’effetto.

Accademicamente, la criminologia inizia con la pubblicazione dell’opera di Cesare Lombroso L’Uomo Delinquente, nel 1876.

La sua tesi principale era quella del delinquente nato.

Ci sono già state diverse tendenze causali in criminologia.

Basandosi su Rousseau, la criminologia dovrebbe cercare la causa del crimine nella società.

Secondo Lombroso, per estirpare il crimine dovremmo trovare l’eventuale causa nel delinquente stesso e non nel mezzo.

Due pensieri di cui uno sociologico cerca le cause di tutta la criminalità nella società e l’altro, organicista, indaga l’archetipo del criminale nato (un delinquente con determinati tratti morfologici).

Singolarmente prese tali tendenze sociologiche e organiche hanno fallito.

Oggi si parla di bio-psico-Sociale.

Studi di endocrinologia che associano l’aggressività del delinquente al testosterone (ormone maschile), studi genetici quando si cerca di identificare nel genoma umano un possibile “gene della criminalità“, insieme ai disordini della violenza urbana, della guerra, di forma o altro.

In questo modo, la criminologia transita attraverso teorie che cercano di analizzare il crimine, il delitto, il criminale e la vittima.

Passa attraverso la sociologia, la psicopatologia, la psicologia, la religione, l’antropologia, la politica.

La criminologia abita l’universo dell’azione umana.

Prof. C.Menezes