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Legami tra cartografia e l’intelligence

Fitti legami intrecciano la cartografia con l’intelligence.

Non è un caso, infatti, che l’ulissidea vocazione dell’uomo a sondare e superare i confini della conoscenza abbia animato gli esploratori di mare e di terra al pari degli agenti segreti. Essi si ritrovano in una narrazione avventurosa che ancora oggi, in termini diversi ma non meno affascinanti, li pone ai confini delle colonne d’Ercole della conoscenza.

Dopo il tradizionale appuntamento con Sergio Romano, che offre spunti di riflessione su fattori competitivi e criticità legate alla leadership americana, da cui dipende il riposizionamento delle grandi potenze sullo scacchiere del mondo, Michele Castelnovi presenta il profilo cinquecentesco di Giovanni da Verrazzano in cui si colgono i segni dell’ibridazione tra scienza e spionaggio, sia statuale che lobbistico-finanziario, come dimostrano le eresie cartografiche funzionali a partigiane posizioni politiche. È un’intelligence pronta a cogliere le sfide della modernità – in una visione olistica del controllo geografico, geopolitico e sociale – quella che Alessandro Guerra rievoca ricordando, con la voce di Carlo Ginzburg, la necessaria vocazione predatoria umana a «fiutare, interpretare, classificare tracce infinitesimali come fili di bava».

L’emancipazione dello statuto della spia al servizio di un’idea di Stato, indotta dalla rivoluzione francese, ha profondamente mutato modelli e fini informativi dell’epoca e non averne compreso l’impatto internazionale più che interno – secondo il saggio di Federico Moro – è uno dei motivi del definitivo crollo della Serenissima a fine Settecento.

Nell’accelerazione della storia, la cartografia diventa spazio privilegiato di studio e di confronto politico e molti, che a essa si dedicano, svolgono un ruolo significativo anche sul piano informativo; esemplari i casi dell’apertura del Giappone all’Occidente, nella seconda metà dell’Ottocento (Philip Roudanovski) e del Grande Gioco nell’Asia centrale, in cui il confronto anglo-russo fa emergere l’ambiguo intrico di fervore scientifico, spirito d’avventura, spionaggio e patriottismo (Dario Citati). Non è un caso che anche i manuali di istruzione scientifica per i viaggiatori a cavallo del XX secolo – tra cui spiccano autori italiani e tedeschi – offrano spunti d’intelligence (Michele Castelnovi) e rappresentino occasioni di approfondimento per la conoscenza dei contesti.

La cartografia diventa sintesi e strumento per fini militari, logistici o politici, come attestano le esperienze scientifiche e irredentiste di Cesare Battisti (Matteo Marconi); le missioni segrete delle “navi civetta” antisommergibile nell’Egeo e nel Canale d’Otranto durante il Primo conflitto mondiale (Claudio Rizza); l’intensa attività in Medio Oriente della “terribile archeologa” Gertrude Bell – creatrice dello Stato iracheno e agente dell’Arab Bureau, istituito al Cairo dall’Intelligence Service – a riprova di come lo spionaggio sia arte comprensiva di molte altre (Marco Ventura).

A seguire, Gianluca Pastori approfondisce il ruolo delle missioni archeologiche e della diplomazia culturale a sostegno dell’attività di spionaggio e di promozione degli interessi italiani in Medio Oriente tra le due guerre; mentre Giacomo Pace Gravina consegna al lettore la memoria dell’archeologo Biagio Pace che, grazie alla sua profonda conoscenza dello spazio greco-anatolico, contribuì allo sbarco italiano ad Adalia nel 1919 e osservò, durante l’occupazione bolscevica della Georgia del 1921, le conseguenze economiche e sociali del regime comunista. Interessanti sono anche i contributi sul versante della storia dell’intelligence. Enrico Silverio, attraverso la biografia di uno dei vertici degli apparati informativi della media età imperiale romana, restituisce inalterata la complessità delle dinamiche di potere e del ruolo degli agenti segreti dell’epoca. Gianluca Falanga dagli archivi della Stasi trae elementi di valutazione sulla vocazione sovietica, durante la Guerra fredda, a destabilizzare un’area all’interno del blocco occidentale, come testimonia il caso del terrorismo secessionista altoatesino.

Paolo Bertinetti passa poi in rassegna la galassia delle detective e spy stories confermando come il clamoroso successo, spesso contingente, veicoli interessi transitori e sovente non corrisponda al valore letterario delle opere. Carlo Bordoni propone quindi la prometeica visione della scienza e della tecnica, sempre più legate da un rapporto ambiguo, concorrente e competitivo, in cui l’attuale primazia della tecnologia sembra il frutto della perdita di valore e d’intermediazione dei poli della conoscenza.

Enrica Simonetti, infine, svela la magia di alcune lingue minori rinvenibili sul territorio nazionale che rivelano di custodirne i valori tradizionali e la natura plurale da preservare. Le consuete rubriche si affidano ai contributi di Roberto Ganganelli per la numismatica sulla necessità, sin dall’antichità, di batter moneta anche durante i periodi di assedio; di Elisa Battistini sull’intreccio tra storia, realtà e rappresentazione cinematografica relativa alla morte di Osama Bin Laden; di Melanton per l’humour sulla sofisticazione semantica dell’agente segreto “Sapiens Sapiens”.

Fonte: AGENZIA INFORMAZIONI E SICUREZZA INTERNA gnosis.aisi.gov.it

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