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Le linee guida e le raccomandazioni dell’EIGE nella valutazione del rischio

Valutazione del rischio e gestione della violenza da parte del partner nell’UE

Gli agenti di polizia svolgono un ruolo di primo piano nella riduzione della violenza contro le donne da parte di un partner intimo. Spesso sono le prime autorità a cui le vittime si rivolgono per protezione, soprattutto nei paesi in cui ci si fida della polizia.

La valutazione del rischio e le strategie di gestione del rischio sono due passaggi fondamentali che garantiscono l’immediata sicurezza delle vittime e prevengono ulteriori violenze.

Le linee guida e le raccomandazioni dell’EIGE offrono un approccio comune a livello di UE alla valutazione e alla gestione del rischio.

Per integrare queste linee guida, l’EIGE ha anche pubblicato questa relazione, che mappa le misure politiche di valutazione del rischio, le disposizioni legali e gli sviluppi della ricerca in tutta l’UE.

Questa ricerca si basa sul precedente lavoro dell’istituto a sostegno degli Stati membri nel rafforzare le loro risposte alla violenza da parte del partner.

 

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Fonte: eige.europa.eu

La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani

L’UE ha da tempo riconosciuto che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione basata sul genere che ha un forte impatto negativo sulle vittime e costi significativi per la società.

È più probabile che le donne subiscano violenza per mano di qualcuno che conoscono, con una su cinque che ha subito violenza per mano di un partner intimo. Poiché le donne sono colpite in modo sproporzionato dalla violenza da parte del partner, questo rapporto si concentrerà sulle donne vittime.

Mentre il dovere principale di proteggere le donne dalla violenza spetta allo Stato, la percezione che la violenza da parte del partner sia “una questione privata” deve cambiare nella società, a livello individuale così come nella sfera privata, professionale e pubblica.

Questo rapporto esamina i fattori che incoraggiano i testimoni di violenza da parte del partner a intervenire (inclusa la segnalazione della violenza alle autorità competenti). Si basa sulla ricerca a tavolino in tutta l’UE e su un’approfondita ricerca qualitativa in Danimarca, Germania, Francia e Portogallo.

Poiché la ricerca a tavolino ha riscontrato una mancanza di dati e prove che esaminano il sostegno dei testimoni alle vittime di violenza da parte del partner, questo rapporto fornisce nuove prove su quando i testimoni intervengono e in quali tipi di ambiente.

  1. 20203856_mh0120489enn_pdf (1)

Violenza di genere relazione del Dr.Salvi

Relazione del dott. Giovanni Salvi, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, tenuta nell’ambito dell’Assemblea generale della Corte sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2021, relativo al fenomeno della violenza di genere.

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Fonte:ovd.unimi.it

Bullismo e violenza di gruppo

Spesso aggrediscono per il gusto di far male, di umiliare, per rimarcare una superiorità. Sottrarre un oggetto non è tanto una rapina fine a sé stessa, ma un modo per punire, spogliando la vittima dei suoi beni.

Le ragazzine sono talvolta più violente dei coetanei maschi perché hanno un modo di attaccare sofisticato, usano l’arma psicologica, puntano a colpire il lato fragile». Andreana Pettrone è una psicologa specializzata in psicoterapia sistemica relazionale. Fa parte del pool di medici che partecipano al progetto Informa a Napoli: con un camper fanno la spola davanti a tre istituti tecnici di Napoli che abbracciano una vasta area urbana.

«È un errore pensare che la violenza sia solo nei ceti più disagiati, che si sviluppi in famiglie che vivono in condizioni di marginalità sociale. L’aggressività unita alla spavalderia la troviamo anche tra i ragazzi benestanti». Pettrone dice che il fenomeno più dilagante è quello delle gang rosa: «Sono gruppetti di adolescenti che iniziano con piccoli atti di bullismo e poi in un crescendo di violenza, organizzano veri e propri raid contro loro coetanee.

Di solito agiscono in branchi tutti al femminile. I pretesti sono i più disparati: da ritorsioni sentimentali, alla punizione per una presunta maldicenza o semplicemente il gusto di umiliare chi è isolata, chi non riconoscono come una loro pari».

Secondo la psicologa vale molto l’omologazione fisica: «Chi non condivide un look, un atteggiamento dominante, è esclusa e bullizzata». Le frasi che ricorrono spesso a spiegare gli attacchi violenti – «non risparmiano alla vittima calci, pugni, graffi, sputi» – sono: «Meritava solo di essere picchiata» e «se l’è andata a cercare». Ma se poi viene chiesto loro di dare una spiegazione ulteriore, «non sanno cosa dire, c’è un vuoto linguistico disarmante», spiega Pettrone.

A differenza dei coetanei maschi, le ragazze usano con compiacimento narcisistico i video che mettono sulle reti sociali. «Si compiacciono non solo di aver umiliato la vittima, ma anche di avere un riconoscimento pubblico, tramite i like, delle loro bravate. Cercano spesso una platea maschile come a dimostrare di essere più dure degli uomini. Il piacere maggiore lo traggono dal consenso dei coetanei maschi. Si scambiano tra loro nelle chat i commenti e li rilanciano alla ricerca di una approvazione più ampia possibile».

Le modalità di aggressione, dice la psicologa, sono ripetitive. «Circondano la vittima, che di solito ha l’apparenza debole. L’aggrediscono e la filmano. L’obiettivo è totalizzare più like possibili sui social. La loro speranza è che i video diventino virali». Talvolta si formano gang miste. «Le ragazzine vengono accettate perché fidanzate di uno del branco, c’è una sorta di iniziazione sessuale. Ma una volta entrate nel gruppo tendono in breve tempo a uscirne per creare una loro gang. Mentre tra i maschi la gerarchia è più marcata, tra le femmine è sfumata, sono quasi tutte sullo stesso piano, non ci sono leader.

Sono sfacciate, audaci e la maggior parte abituate alla violenza in famiglia, per loro l’aggressività è naturale. Quelle che vengono da famiglie benestanti, spesso emulano i video». E la reazione dei ragazzi? Pettrone commenta che «tendono a minimizzare gli atteggiamenti violenti delle coetanee, a sminuirne il valore perché si sentono in competizione e in un certo senso le temono. Talvolta sono divertiti dalla tipologia delle ragazze cattive e questo non fa che accrescere il loro compiacimento.

Si sentono al centro dell’attenzione maschile e la loro smania di protagonismo è soddisfatta.Fanno a gara sul social Tiktok per le bravate. Acquisiscono una parità distorta nella violenza. Imitano molto le eroine dei film che hanno tratti mascolini e ostentano forza e aggressività». Pettrone, raccogliendo le esperienze dei ragazzi, ha rilevato che ci sono videogiochi e film diventati modelli «cult» di violenza. Come il Gta, in cui vince chi ruba e violenta le donne.

È vietato ai minori ma dilaga proprio tra di loro. «Lo spaccio di droga, lo sfruttamento della prostituzione e l’incitamento alla violenza non dovrebbero costituire la principale trama di un videogioco per adolescenti. Eppure alcuni di questi videogiochi che si basano proprio su una serie di attività criminali finalizzate a conseguire i punti sono molto vendute tra i giovani», spiega la psicologa.

Più si spara, più si uccide e più si sale nella graduatoria. La classifica si scala facilmente se tra le vittime ci sono i poliziotti. In ragazzi già predisposti all’aggressività, film e giochi forniscono modelli, lanciano messaggi negativi che trovano terreno fertile tra le baby gang». Nel camper del progetto Informa arrivano anche i genitori. Pettrone sottolinea che tali fenomeni di violenza di gruppo sono radicati soprattutto lì dove le famiglie sono assenti: «I genitori non sanno più mettere un limite, stabilire regole.

Il che consente di scrollarsi di dosso le responsabilità. C’è la cultura dell’adolescente che deve essere libero. Così accade che difendono i figli anche di fronte ad atti gravi. Cercano di addossare la colpa all’esterno, agli insegnanti, agli amici».

Fonte: L.D.P. per “la Verità”

Tutela del minore: il progetto CURE

CURE è l’acronimo di  Children in the Union – Rights and Empowerment  [I Minori nell’Unione – Diritti e Empowerment (autonomizzazione e responsabilizzazione)].

Il nome del progetto sta ad indicare che esso comprende sia lo status giuridico delle vittime minori che l’espressione pratica dei loro diritti, anche attraverso le buone prassi che si consolidano a tutela degli interessi dei minori. 

  È un progetto gestito dalla Crime Victim Compensation and Support Authority [Autorità per il Sostegno e il Risarcimento alle Vittime di Reato] della Svezia ed è finanziato dal programma ISEC1 dell’Unione Europea.  

La Crime Victim Compensation and Support Authority [Brottsoffermyndigheten] 2

è un’autorità governativa svedese, che dipende dal Ministero della Giustizia svedese e che opera a favore delle esigenze e degli interessi delle vittime di reato.

I

l Ministero della Giustizia italiano, contattato dalle Sigg.e Anna Wergens e Anna Sigfridsson del ufficio dell’ Ombudsman per l’Infanzia in Svezia  ‐ membro della Rete Europea degli Ombudsman per l’Infanzia (ENOC3 )  ‐  ha partecipato al progetto con la collaborazione di Emilia De Bellis, punto di contatto nel progetto, Piero Forno, referente esperto per l’autorità giudiziaria ed il Capitano Luigi Mancuso, referente nazionale per le indagini di Polizia.  

Altri partner del CURE sono i ministeri della Giustizia di Finlandia, Francia, Belgio, Romania, Croazia, nonché l’Unità Testimoni e Vittime4 del Governo scozzese, l’Associazione Portoghese per il Sostegno alle Vittime5 (APAV) e l’Ufficio del Pubblico Difensore dei Diritti6 (Ombudsman) della Repubblica Slovacca.


1 Prevention of and Fight against Crime (ISEC) Programme [Programma di Prevenzione e Lotta alla Criminalità] della Commissione Europea. 2 BROTTSOFFERMYNDIGHETEN [Crime Victim Compensation and Support Authority], indirizzo: Storgatan 49‐ S 901 09 UMEÅ, SV‐ telefono: +46 (90) 70 82 00 fax: +46 (90) 17 83 53, e‐mail: registrator@brottsoffermyndigheten.se. 3 European Network of Ombudspersons for Children [Barnombudsmannen], http://www.crin.org/enoc/. 4 Vi possoctims and Witnesses Unit. 5 Portuguese Association for Victim Support [Associação Portuguesa de Apoio à Vítima ‐ APAV], http://www.apav.pt/portal/. 6 Office of the Public Defender of Rights, http://www.vop.gov.sk/files/File/mar_2010_eng.pd


La finalità generale del CURE è quella di rafforzare la posizione dei minori vittime.   

Lo scopo a breve termine è stato quello di fornire raccomandazioni alla Commissione Europea per migliorare in seno all’Unione Europea la posizione dei minori vittime, in particolare su quattro punti: le informazioni da fornire ai minori vittime, la condizione del minore vittima durante le indagini, la rappresentanza legale per i minori vittime e  la comparizione in tribunale del minore. 

 Il CURE ha di fatto condotto uno studio

1 sulla posizione giuridica del minore vittima, così da individuare e presentare le buone prassi

2 degli Stati membri sui  quattro punti testé indicati.

3 Il confronto con la normativa dei principali paesi europei evidenzia come l’Italia stenti nel riconoscere i diritti delle parti lese, specialmente se minorenni.

È necessario che il riconoscimento degli irrinunciabili diritti dei minori sia frutto di una visione globale del minore all’interno del processo penale.

La diffusione del testo della raccomandazione CURE, rivolta ai governi di tutti i paesi europei, richiede pertanto due livelli diversi di intervento: da un lato quello legislativo, dall’altro quello delle prassi degli uffici  giudiziari. 

  L’Europa in realtà ci obbliga a superare una visione garantista a senso unico, concernente la tutela del solo indagato/imputato, per introdurre il principio che anche il soggetto debole, segnatamente il minore, deve esser tutelato nell’ambito del processo penale.

Le raccomandazioni sono state pubblicate ad ottobre 2010 nell’ambito del “Rapporto CURE”, consultabile integralmente nella versione originale dal link richiamato nell’indice cronologico degli atti.

Il Rapporto è composto di quattro capitoli: la descrizione di come è stato svolto il progetto; il resoconto delle conclusioni di maggior rilevo tratte dagli studi condotti; una presentazione di alcuni interessanti sviluppi in materia; le raccomandazioni sviluppate nel corso del progetto assieme ad un gruppo internazionale di esperti, indirizzate agli Stati membri ed alla Commissione Europea.  

  I testi normativi di riferimento su questo tema, richiamati nel rapporto CURE, sono inseriti, unitamente ad altri atti, nella presente raccolta in segno di piena collaborazione all’attività del progetto, volto alla sensibilizzazione e formazione di tutti gli attori del sistema giuridico che a vario titolo sono a contatto con i minori vittime o testimoni di reato.

Attraverso l’aggiornamento e la piena comprensione in lingua italiana dei principi esistenti, consacrati dagli strumenti richiamati e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ‐ già oggetto di diffusione efficace attraverso il CED della Corte Suprema di Cassazione, come riconosciuto dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa  dinanzi al quale si volge il procedimento di sorveglianza sull’esecuzione delle sentenze della Corte Europea – si compie un primo passo nel processo di esecuzione delle raccomandazioni del progetto CURE.


1 Rapporto in originale : http://brom.webb215.cs.it‐norr.com/Filer/Böcker/Child victims in the Union, CURE.pdf.   2 Incluse in questa raccolta nella loro traduzione in italiano.   3 Rapporto completo: http://brom.webb215.cs.it‐norr.com/Filer/Böcker/Child victims in the Union, CURE.pdf.


Le tipologie di vittima vulnerabile individuate nei testi internazionali ed europei sono quelle colpite dai reati di criminalità organizzata; di terrorismo; di tratta; di pornografia e prostituzione minorile; di sfruttamento sessuale; di abusi sessuali nei confronti di minori.    Le procedure relative all’osservanza di obblighi internazionali, in particolare quelle afferenti la tutela dei minori vittime di reato, e le procedure volte all’adeguamento del diritto interno alle previsioni degli strumenti internazionali in materia di diritti umani, sono oggetto di studio e continua riflessione sotto l’aspetto dell’attualità degli interventi programmati. In materia di vittime, il testo di riferimento è la decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio UE del 15.3.2001 sulla tutela della vittima nel procedimento penale emanata dall’Unione europea nell’ambito del terzo pilastro del Trattato di Amsterdam.     


1 CURE‐RAPPORTO: Capitolo 4 ‐ Raccomandazioni agli Stati membri UE; raccomandazioni alla Commissione UE (2010); ONU‐ECOSOC: risoluzione 2005‐20 – LINEE GUIDA sulla giustizia nelle cause che coinvolgono minori vittime e testimoni di reato ; ONU‐ECOSOC: risoluzione 2005‐20 – LINEE GUIDA sulla giustizia nelle cause che coinvolgono minori vittime e testimoni di reato nella versione per minori  (di prossima pubblicazione); UNICEF–UNODC: LEGGE MODELLO sulla giustizia nelle cause che coinvolgono che coinvolgono minori vittime e testimoni di reato (2009);   ONU: Dichiarazione Universale dei diritti umani del 10 dicembre 1948; ONU: Convenzione sui Diritti del fanciullo del 20 novembre 1989;   ONU: Convenzione sui Diritti del fanciullo – Protocolli 1 e 2 (2000) e Protocollo 3 (19 dicembre 2011); ONU: Risoluzione Assemblea Generale S‐27/2 ‐ Un mondo a misura di bambino del 10 maggio 2002; UNODC: Manuale per professionisti e responsabili politici sulla giustizia nelle questioni che coinvolgono minori vittime e testimoni di reato (2009) (di prossima pubblicazione); COE: Convenzione n. 5 per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950;   COE: Convenzione n. 160 sull’Esercizio dei diritti dei minori del 25 gennaio 1996;   COE: Convenzione n. 163 Carta sociale europea del 3 maggio 1996; COE: Convenzione n. 185 sulla Criminalità informatica del 23 novembre 2001; COE: Convenzione n. 197 sulla Lotta contro la tratta degli esseri umani del 4 ottobre 2001;   COE: Piano d’azione del Vertice di Varsavia del 16‐17 maggio 2005; COE: Programma “Costruire un’Europa per e con i bambini” lanciato nel 2005; COE: Convenzione n. 201 (detta di Lanzarote) sulla Protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali del 25 ottobre 2007;   COE: Comitato dei Ministri (riunione 1098) ‐ Linee Guida sulla giustizia a misura di minore del 17 novembre 2010; UE: Decisione Quadro del Consiglio (2001/220/GAI) sulla Posizione della vittima nel procedimento penale del 15 marzo 2001; UE: Decisione Quadro del Consiglio (2004/68/GAI) sulla Lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile del 22 dicembre 2003; UE: Commissione Europea – Comunicazione COM (2006) 367 def – Verso una strategia dell’UE sui diritti dei minori;   UE: Consiglio Gai – Conclusioni 2969^ riunione  su Diritti e sostegno alle vittime di reato del 29 ottobre 2009; UE: Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2011 concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI; Impegno globale di YOKOHAMA del 2° Congresso mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei bambini a scopo commerciale del 17‐20 dicembre 2001.


La normativa internazionale ed europea, oltre a obbligare il legislatore all’adeguamento, è pertanto strumento diretto per il giudice nell’interpretazione della norma interna alla luce delle disposizioni e delle prassi sopranazionali. Invero, in forza della decisione quadro richiamata, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure funzionali ad assicurare il raggiungimento di alcuni obiettivi. In particolare, il riconoscimento e il rispetto dei diritti e della dignità della vittima in ogni fase processuale; l’attenzione specifica alle vittime più vulnerabili; la tutela della privacy; il rafforzamento della posizione processuale della vittima nei diritti interni; la creazione di un sistema di protezione delle vittime nei momenti cruciali di esposizione o di interazione con l’autore del reato, quali la testimonianza, che deve essere resa con particolari modalità di tutela, o la possibilità di incontro fisico con l’autore del reato nelle aule giudiziarie; la messa in opera di strumenti processuali idonei a garantire la partecipazione al processo tra i quali la comunicazione delle informazioni necessarie su ogni fase processuale, l’uso di una lingua comprensibile, l’assistenza legale, la comprensione dello svolgimento processuale, la partecipazione a distanza in caso di vittima non residente nello Stato membro, l’uso della videoconferenza e il rimborso delle spese di partecipazione al processo. Inoltre, si auspica che gli Stati procedano a modificare i sistemi interni per consentire l’ottenimento del risarcimento del danno e l’accesso alla mediazione; per rafforzare la cooperazione giudiziaria internazionale a tutela degli interessi della vittima; per assicurare il coinvolgimento nei procedimenti penali delle organizzazioni a sostegno delle vittime al fine di garantire una assistenza più efficace. Inoltre è raccomandata l’adozione di strategie organizzative volte alla formazione adeguata del personale che può venire in contatto con le vittime, con particolare riferimento alle necessità delle categorie più vulnerabili (cfr. art.14). In questo contesto si sono successivamente inseriti specifici provvedimenti adottati a favore delle vittime di particolari tipologie di reato, tra i quali quelli in favore delle vittime della tratta. Del tutto evidente è l’esigenza di tutela da apprestare alle vittime per la loro vulnerabilità scaturente dall’efferatezza del crimine e dalla sua assoluta imprevedibilità o per la loro condizione particolarmente indifesa ed esposta alla sopraffazione e al sopruso.


                                        

1 In riferimento alla Decisione Quadro del 15 marzo 2001 (2001/220/GAI) del Consiglio, ove è sancito il principio che le vittime particolarmente vulnerabili dovrebbero beneficiare di un trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione, si rammenta che il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge 4 giugno 2010 n. 96, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per l’attuazione della decisione quadro richiamata, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale ‐ art.52 co 1 ‐ che rischia a distanza di dieci anni di non essere del tutto attuale; inoltre è  all’esame della Commissione Giustizia la “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale ‐ Lanzarote 25 ottobre 2007 ‐ e norme di adeguamento dell’ordinamento interno (DDL 1969‐B).  Nella stessa direzione nel 2006, la Commissione Europea ha adottato il documento “Verso una Strategia dell’Unione Europea sui Diritti dei Minori”